Dieci anni fa la tragedia di Lampedusa: il 3 ottobre 2013 morirono 368 persone a Lampedusa. Venerdì scorso un momento di preghiera promosso da Caritas Tarvisina.
Venerdì 29 settembre, presso la Casa della Carità, sede della nostra Caritas diocesana, si è svolto un momento di preghiera con il Vescovo Tomasi diventato ormai tradizionale. “Ascoltiamo il silenzio”, una veglia fatta di parole, musica, buio e luce, e anche silenzio, per ricordare tutti quei migranti che sono morti nel loro viaggio di speranza, proprio a pochi giorni dalla 10° Giornata della memoria e dell’accoglienza, istituita dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013 a Lampedusa. Una serata in cui fare memoria dei 26 mila morti e dispersi nel Mediteranno nel tentativo di raggiungere l’Europa dal 2013 ad oggi.
Invitati a deporre le parole che alimentano muri di divisione, indifferenza, individualismo e insicurezza, i partecipanti hanno potuto ascoltare la Parola di Dio: accanto al brano del Vangelo con il racconto del buon Samaritano, è stato Lamin, accolto dalla Caritas 12 anni fa, che oggi ha una casa, una famiglia e un lavoro, a leggere la Sura 1 del Corano, una invocazione ad Allah affinché guidi il devoto sulla retta via.
La prima parte della veglia si è svolta nel buio, poi illuminato dalle candele accese dal Vescovo, dai suoi vicari e dal direttore della Caritas, don Davide Schiavon, e via via da tutti i presenti. Di seguito sono state nominate le tre parole riportate in pannelli illuminati nel buio: IN-DIVIDUALISMO, IN-DIFFERENZA, IN-SICUREZZA, che contengono un “IN” che è negazione dell’altro, della differenza, della soggettività, della relazione di fiducia. Alcuni migranti hanno girato poi i pannelli scoprendo altre tre parole, espressione del fare e camminare insieme, in cui è necessario l’impegno comune di tutti, ciascuno secondo le proprie responsabilità, per passare dall’individualismo alla CON-DIVISIONE, dall’indifferenza alla COM-PASSIONE, dall’insicurezza al CON-FORTO.
Sulla parabola del buon Samaritano si è soffermato il Vescovo, nella sua riflessione, chiedendosi che cosa sia cambiato dalla veglia dello scorso anno, e constatando che, purtroppo, è cresciuto il numero dei morti nel Mediterraneo e lungo le altre rotte delle migrazioni, e l’indifferenza verso coloro che sbattono contro i muri, anche nelle nostre città; e poi la domanda, invece, se noi siamo diventati più solidali, più accoglienti e più misericordiosi. “Preghiamo perché la divisione che c’è tra opinioni, diventi ‘con-divisione’, di ciò che abbiamo e siamo. E come il buon samaritano scopriremo che abbiamo sempre qualcosa da donare: non mancheranno i 5 pani e i 2 pesci e la presenza viva di Cristo che si lascia spezzare per essere condiviso, l’unica divisione che diventa moltiplicazione. Ed è questa condivisione di noi stessi e di ciò che abbiamo che alimenta la sicurezza e non la paura e l’insicurezza”. E poi l’invito a “cercare l’appello che è nello sguardo di tanti fratelli e sorelle, per condividere, per compatire, per dare e trovare conforto, l’invito a pregare perché il nostro cuore esploda di fronte alle richieste della storia e cambi il nostro modo di pensare e agire, così che l’anno prossimo, quando ci ritroveremo, non sia aumentato il numero dei morti, ma piuttosto la condivisione, la compassione, il conforto”.
A seguito del tempo di preghiera i partecipanti, circa 200, sono stati invitati a fermarsi per un momento conviviale e di condivisione del tè. Sui tavoli era disponibile anche un piccolo segno: un segnalibro con un’immagine della “Madonna di Loreto nel manto dei rifugiati” dell’artista Margherita Galluci, assieme al canone di Taizé che ha guidato parte della preghiera: “The Kingdom of God is justice and peace, and joy in the Holy Spirit. Come, Lord, and open in us the gates of your Kingdom” (Il Regno di Dio è giustizia e pace. E gioia nello Spirito Santo. Vieni, Signore, apri in noi le porte del tuo Regno).