In ascolto di Lui per una vera conversione pastorale - CARITAS TARVISINA

In ascolto di Lui per una vera conversione pastorale

Il tempo che stiamo vivendo è meraviglioso e pieno di nuove opportunità. Ancora una volta facciamo esperienza dell’infinita misericordia di Dio che scrive diritto sulle righe storte della nostra esistenza. Lui fa fiorire i deserti e ci prende per mano per accompagnarci dentro il mistero dell’uomo e poterne così scoprire la bellezza e l’unicità. Ogni uomo è una terra sacra che va rispettata e onorata. Siamo dentro ad una nuova primavera dello Spirito. È importante però che rimaniamo in ascolto del tempo che viviamo e delle domande profonde che si dischiudono all’orizzonte del nostro cammino. Come ci ricorda papa Francesco non siamo dentro un’epoca di cambiamenti, ma dentro un cambiamento d’epoca. La cosiddetta società liquida, l’esaltazione dell’individuo, la crescente fragilità della comunità, l’esaltazione della propria libertà narcisista a discapito del bene comune sono elementi che ci interpellano e che rendono scivoloso il sentiero della nostra vita. È necessario darci del tempo per ascoltare questi segni dei tempi e vivere sotto la guida dello Spirito Santo un autentico discernimento alla ricerca del vero, del bello e del buono.

La chiesa universale e anche quella particolare che è in Treviso sono in cammino per comprendere a quale conversione pastorale e di vita siamo chiamati come comunità. Prima di tutto siamo invitati ad essere sempre più chiesa in uscita, capace di farsi prossima all’uomo d’oggi e capace di abitare le periferie dell’esistenza umana. Si tratta di adoperarci per far crescere la globalizzazione della solidarietà e dell’attenzione all’altro contro la logica dello scarto e dell’indifferenza. Come caritas diocesana, cogliendo il mandato di Papa Francesco ad essere chiesa in uscita e prestando ascolto agli appelli raccolti nella visita pastorale dal nostro Vescovo Gianfranco Agostino, abbiamo scelto, come prioritario nella nostra azione pastorale, l’ascolto e l’accompagnamento delle comunità e dei territori. La valorizzazione delle singole realtà, l’ascolto profondo della vita e della storia delle persone ci hanno spinto ad una presenza più capillare nel territorio diocesano in ordine all’accompagnamento, alla formazione ed alla prossimità. È un essere con, oltre che un essere per. È percepire fino in fondo che la vicenda dell’altro ha a che fare con la mia, che ci sono delle relazioni di interdipendenza che vanno accolte e alle quali ci è chiesto di prestare obbedienza per il bene e la gioia di tutti. Da questa modalità di essere chiesa in uscita, chiesa esposta, fragile, ma autentica e viva, dipende la capacità di trasmettere la potenza straordinaria del Vangelo della Carità. Solo uscendo dalle fortezze del nostro orgoglio e delle nostre bramosie ed entrando negli sdrucciolevoli sentieri della fragilità umana, potremo sperimentare la forza liberante della Carità e ricolmare di speranza l’orizzonte di uomini, donne e bambini che vivono rassegnati e non si aspettano più nulla dalla vita.

Una seconda icona che ci ha accompagnato in questo anno pastorale è quella della chiesa ospedale da campo, molto cara a Papa Francesco. La storia dei nostri giorni esalta i più forti e lascia indietro, senza tanti scrupoli di coscienza, i più deboli. Ai margini della strada del benessere e del successo, giacciono stremati dalle fatiche dell’esistenza molte persone che non rispondono più ai criteri dell’efficienza produttiva. Molti portano nella loro carne, nel loro cuore e nel loro animo ferite dolorose e devastanti che hanno bisogno di cure. Emerge con forza la necessità di farsi prossimi a questa umanità lacerata e calpestata da continue ingiustizie e violenze. È necessario piantare l’ospedale da campo, la tenda dell’accoglienza lì dove tutti battono in ritirata. Lì dove tutto sembra destinato al fallimento si sprigiona forte l’appello a farci buon smaritano, l’appello a lavare i piedi piagati e sanguinanti di tanti fratelli poveri. Siamo chiamati a stare sullo soglia di questa umanità che non è attraente, anzi che talvolta è ripugnante. Ci viene chiesto di rimanere dove nessuno vuole restare, di annunciare con forza che il Signore non è venuto a salvare il salvabile, ma a salvare ciò che è andato perduto. Essere una chiesa ospedale da campo significa aprire le porte del nostro cuore per amare l’uomo, nella sua dignità di figlio e di fratello. È una modalità concreta per abbattere i muri dell’indifferenza e costruire ponti di comunione e condivisione. Non si tratta di risolvere tutti i problemi dell’umanità, ma di porre un segno che ci ricorda che siamo chiamati ad essere custodi gli uni degli altri.

Una terza immagine è quella di una chiesa che si fa compagna di viaggio, che cammina a fianco, che incoraggia e sostiene. In un clima di forte disorientamento è necessario focalizzare la meta del proprio cammino, tenendo presente che è proprio questo che differenzia un pellegrino da un vagabondo. Siamo chiamati a stare dentro la vita, da pellegrini con molta semplicità ed umiltà. Sono molte di più le cose che ci uniscono di quelle che ci separano. È importante allora che impariamo a valorizzare la diversità e ad accorciare le distanze. Farsi compagni di viaggio significa ritmare il proprio passo su quello dell’altro, avendo a cuore il suo bene, la sua gioia. È un cammino di promozione umana nel quale si afferma con forza la dignità sacra ed inviolabile della persona. Tutto questo è possibile nella misura in cui ci si china sulla vita dell’altro e si impara ad ascoltare il suo cuore. Il farsi prossimo e il farsi carico chiede prima di tutto di farsi dono. È necessario accompagnare i poveri, offrendo loro assistenza, soprattutto quando sono calpestati i diritti fondamentali e non sono garantiti i bisogni primari. Su questo solco anche Caritas Tarvisina ha messo in essere delle azioni pastorali per accompagnare molte persone povere, per dare voce a chi non ce l’ha e per dare un’occasione di una sosta, di un ristoro a chi girovaga per il buio deserto della marginalità e dell’esclusione sociale. Promuovere l’uomo nella condizione in cui si trova, senza giudizi e preconcetti, è la grande sfida del nostro tempo.

Continuiamo il cammino dei nostri padri e prepariamo il terreno ai nostri figli perché non si spenga mai nel cuore dell’umanità il sogno di un mondo migliore nella dolce attesa della venuta del Suo Regno di Gioia e Amore infinito.


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