La celebrazione della festa della repubblica ci invita a far memoria di quella scelta che gli italiani hanno fatto il 2 e 3 giugno del 1946, dopo la caduta del fascismo, scegliendo come forma di governo la repubblica rispetto alla monarchia. È una data che riassume il cammino di un popolo, fatto di gioie e dolori, di speranze e delusioni, di lacrime e di sorrisi. Siamo invitati a guardare al passato con realismo riconoscendo come ogni nazione i nostri errori, ma coltivando quel sano orgoglio che valorizza le nostre radici e dona la giusta memoria a tutti coloro che nel silenzio e a volte con il dono della vita hanno contribuito alla costruzione della democrazia. È un giorno di riconoscenza, di memoria, ma anche un invito forte alla responsabilità, a vivere il dono della democrazia sviluppando l’attenzione al bene comune e fuggendo la tentazione di ripiegarsi sul proprio interesse.Dinanzi ad un patrimonio così grande, composto da volti e da storie, intrise di valori, sogni, ideali sono rimasto profondamente addolorato e ferito nel vedere la grettezza e la mediocrità con cui si è consumata anche l’ultima campagna elettorale. È veramente triste vedere che chi ha offerto la propria disponibilità ad esercitare l’arte della politica, invece di promuovere la giustizia e l’equità, si arrocca dietro logiche di potere e di dominio. Tutto ciò che è fragile, debole è considerato una spesa e va tagliato. Tutto ciò che è imprevisto non viene preso in considerazione. Non c’è una programmazione lungimirante, ma solo interventi a corto respiro che stanno soffocando il popolo, togliendogli l’aria vitale della speranza. Si è costruita una logica perversa che sta allargando sempre più il divario tra ricchi e poveri e fa defluire ogni problematica in una guerra tra poveri. In nome dell’interesse di pochi stiamo barattando e oltraggiando i valori fondamentali della nostra costituzione. A tale proposito è illuminante una frase di don Luigi Sturzo, in un discorso al Senato della Repubblica del 27 giugno 1957: ‘La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà’.” Quindi, me compreso, non possiamo continuare a rimanere in silenzio, fare finta di niente, anestetizzare queste ferite mortali verso la libertà. Dobbiamo darci una svegliata.
Con molta umiltà e senza insegnare nulla a nessuno, credo sia giunta l’ora della sveglia, come popolo italiano e come Veneto. Non possiamo lasciare che la nostra identità, le nostre radici, la nostra storia siano barattate per gli interessi di qualcuno. Il bene comune va costruito insieme e che vive il servizio della politica ha la responsabilità di farlo con onestà e con l’ardente desiderio che ogni cittadino possa vivere con dignità. La campagna elettorale si è snodata su toni gretti e squallidi. A turno sono stati strumentalizzati i poveri e i deboli, senza però esprimere una volontà sincera di affrontare i problemi e di volerli risolvere, rinunciando anche a qualche privilegio. Gli enti locali si contrappongono al governo quasi fossero realtà appartenenti a nazioni diverse. Si continua a voler affermare l’identità locale in contrapposizione agli altri, senza cogliere che la negazione dell’altro spalanca le porte alla notte delle coscienze e a qualsiasi prospettiva di pace e giustizia. Si affrontano le problematiche solo dal punto di vista dei numeri, mai da quello della centralità e del valore della persona.
Spero vivamente che l’Italia e anche questa meravigliosa regione che è il Veneto ritrovino la luce del bene comune e dell’equità. Io che da ragazzino ha avuto l’opportunità di conoscere uomini che vivevano la politica e l’impegno per il bene comune come un servizio alla comunità (penso ad Moro, Berlinguer, Borsellino, Falcone ….), continuo a sperare che nel deserto attuale possano germogliare uomini e donne nuove, disposti a pagare anche di persona purché cresca un mondo migliore. E perché questo avvenga ritengo sia necessario partire da me, vincendo la logica dello struzzo, ma impegnandomi ad esserci e a prendere posizione. La neutralità non è un valore, soprattutto quando diventa menefreghismo ed indifferenza. Cristo non è mai stato neutrale e ci invita a schierarci a favore dei più poveri ed indifesi.
Concludo stemperando i toni sull’enfatizzazione della difesa dell’identità veneta. I veneti vengono chiamati “polentoni” e forse è proprio la polenta a racchiudere le radici profonda della nostra identità. La polenta è un cibo sobrio; è frutto di un lavoro pieno di sacrifici come quello del contadino; è un piatto che chiede pazienza e che si abbina facilmente con molte pietanze; è un cibo che si condivide con altri ….. è alimento consumato in tutte le culture. Forse bisogna ripartire proprio dalla polenta per vivere abitare con gioia ed orgoglio la nostra terra e riconoscere che come cittadini del mondo siamo chiamati ogni giorno a costruire strade di condivisione e non barrire di potere.