Di Maria Grandesso
“Ero straniero e mi avete ospitato” (Mt 25,35)
“Perseverate nell’amore fraterno. Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo.” (Lettera agli Ebrei 13-1,2).
Accogliendo G. ho sempre pensato di fare una piccola restituzione a queste creature tanto provate e con una vita difficile da percorrere. Questa attenzione d’amore è l’inizio di una vera preoccupazione per la sua persona e per la sua vita. A partire da essa ho cercato effettivamente il suo bene e cioè apprezzarlo nella sua bontà propria, col suo modo di essere, con la sua cultura, con il suo modo di vivere la fede: G. è mussulmano. Ho cercato in tutti i modi che G. si sentisse come a casa sua, e di fargli gustare la tenerezza di una famiglia.
Papa Francesco diceva: “l’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di servire l’altro non per necessità o vanità, ma perché è bello, al di là delle apparenze.”.
Io e i miei figli ci ripetiamo sempre che da lui abbiamo ricevuto e da lui abbiamo imparato molto e ne siamo convinti. A volte penso alla mia età e al momento in cui dovrò passare all’altra riva, vi assicuro che non ho paura della morte perché avrò ceste di dolore e avrò grappoli d’amore.
Nella trentaquattresima domenica del tempo ordinario, festa di Cristo Re, mi ha colpito tantissimo il vangelo di Matteo sulle opere di misericordia e per la prima volta mi sono sentita tranquilla e privilegiata: Cristo ci riconoscerà nella misura in cui noi lo avremo riconosciuto, visto, amato e servito nei fratelli. Per essere partecipi della gloria e della gioia di Dio in eterno, bisogna partecipare già nella vita presente a quella che è la sua regalità di servizio, di servo obbediente che si dona fino all’estremo sacrificio.
- tu per noi sei stato strumento di bene e ti siamo riconoscenti e ti diciamo grazie per questa bellissima opportunità. Ti domandiamo anche scusa per l’indifferenza di tante persone della comunità, di quell’essere ignorato o a volte offeso per il colore della tua pelle; tu non ti sei mai ribellato ma ti ho visto soffrire in silenzio e con tanta dignità.
Dice papa Francesco: “I poveri, gli ultimi si sentano, in ogni comunità cristiana, come a casa loro… quando il povero è amato è considerato di gran valore. Solo a partire da questa vicinanza reale e cordiale possiamo accompagnarli adeguatamente nel loro cammino di liberazione.”
Quando un anno fa ho fatto il corso in preparazione all’arrivo di G. ricordo che un’operatrice cercò di spiegarci cosa volesse dire condivisione, che non è partecipazione di qualcosa, ma generosa volontà a ritrarsi per fare spazio, cioè a permettere che l’altro trovi il modo per ricominciare, riscattandosi dalla sua emarginazione. Non siamo riusciti ad aprire una strada a G. ma ci conforta il fatto che gli abbiamo fatto gustare l’amore di una famiglia, la tenerezza di una nonna e la gioia di ritrovare, in mio figlio, un fratello di corse e di giardinaggio. Sì a G. abbiamo fatto spazio nella nostra vita perché per noi lui è stato Gesù che ci ha visitato; anche Dio si ritira per fare spazio all’uomo.
- è stato con noi quasi 11 mesi, aveva il senso della famiglia e delle sue radici. E’ stato un ragazzo che non ha mai sciupato i soldi perché cercava di raggranellare il più possibile per poterli mandare ai suoi cari; prediligeva la nonna materna e spesso mi raccontava delle belle storie di sua mamma. E’ stato molto discreto, controllato e saggio e io gli ricordavo di ringraziare la sua mamma per come l’aveva educato; poi certo, aveva tutti i difetti dei nostri ventenni, su questo non ci sono dubbi, ma lui era furbo: se non condivideva tutti i miei consigli, si finiva in una fragorosa risata…e allora…evviva G. caro Maliano!
Non mi ha mai raccontato la sua storia per pudore o per non rinnovare dolore e io non ho voluto mai conoscerla; i segni di maltrattamenti o altro erano visibili sul suo corpo e appena arrivato da noi soffriva di gran mal di testa.
Un’ultima considerazione che fa un po’ sorridere e fa tanto pensare. Quando in un ultimo incontro alla Caritas Tarvisina un partecipante aveva detto che il difficile sarebbe stato quando il ragazzo affidatogli se ne sarebbe dovuto andare, io avevo sorriso e non mi sentivo di condividere il pensiero di questo signore, ma ora dico che erano parole sacrosante che condivido in pieno.
Caro africano quanto ci manchi!!! G. è ora partito per raggiungere alcuni parenti, sta bene ed è in cerca di lavoro. Noi preghiamo per lui e gli auguriamo tanta fortuna perché gli spetta di diritto. Decidere di ripartire e ricominciare ancora, dimostra che questo ragazzo è bello sveglio e capace. Concludo con la certezza che G. avrebbe arricchito il nostro paese, purtroppo però c’è una politica cattiva e poco intelligente. Il permesso di soggiorno ancora non gli è stato accordato e quindi non ha molte possibilità, né di lavoro né di integrazione.