Caro, piccolo Kossai, sei arrivato alle quattro del mattino di martedì 19 agosto, dopo essere sbarcato il giorno prima, in Italia, insieme a papà e mamma, e ad altri due fratellini.
Nel buio della notte i tuoi capelli biondissimi riflettevano quel flebile germe di speranza che stava crescendo nel cuore dei tuoi genitori e di tutte quelle altre persone, che dopo la tremenda travesata del mare, sono approdati a Treviso per iniziare una nuova vita. Nel silenzio della notte il tuo pianto per la fame e la stanchezza ha squarciato la coltre di indifferenza che appesantisce il cuore di quegli uomini che pensano alla vita come ad una proprietà privata.
Nella tua terra, la Palestina, in questi giorni si stanno consumando pagine drammatiche di sangue e violenza. E purtroppo questa scia di sangue sta impregnado il suolo ed il cuore di molti angoli della terra. Piccolo Kossai, sei arrivato in braccio alla tua mamma che aveva il volto velato di tristezza ed angoscia. Lei ti guardava diritto negli occhi per cogliere il senso di una speranza che non conosce tramonto. Avvolta nel suo lungo vestito nero che sembrava indossasse come una corazza dinanzi a tutta quella sofferenza vista ed incontrata nel cammino verso una terra promessa. I suoi occhi hanno visto i corpi di alcuni bambini e di alcune donne inabissarsi, senza vita, nelle gelide acque del mare. Ti ha protetto ha messo la sua mano davanti ai tuoi occhi perchè tu non vedessi, ti ha stretto al suo petto per farti sperimentare il calore del suo amore senza confini, ti ha messo nelle mani amorevoli e misericordiose di Dio perchè ti donasse la pace. I tuoi occhi non hanno visto, ma il tuo cuore ha ascoltato e registrato ogni frammento di questa vicenda.
Il giorno dopo tuo papà e tua mamma hanno deciso di spostarsi, di continuare il viaggio della speranza verso quella terra promessa che viene identificata nei paesi del Nord Europa. Sei partito e così ci siamo solo incrociati. Forse non ci incontreremo più, certo è che quei tuoi occhi ricolmi di speranza e voglia di vivere mi hanno ferito il cuore e mi hanno provocato in profondità. Caro Kossai sei dovuto scappare dalla tua terra, senza averne consapevolezza, e questo è capitato anche a Gesù. Lui ha vissuto da forestiero fin dall’inizio per ricordare a ciascuno che la terra è di tutti e che la nostra vera patria è nel cielo, dove ogni lacrima sarà asciugata e vi sarà vita in abbondanza per tutti. Piccolo Kossai tu e gli altri bambini, vittime delle ingiustizie e delle violenze del mondo, siete la presenza sacramentale dell’Amore di Dio in mezzo a noi. Con il vostro pianto e le vostre grida chiedete solo che venga rispettato il vostro diritto di essere bambini, chiedete semplicemente di potere essere come tutti gli altri bambini.
La vita di ogni uomo, soprattutto quella dei bambini, è una terra sacra che va onorata e rispettata. Gli occhi di Kossai mi hanno permesso ancora una volta si perimentare la tenerezza e la dolcezza di un Dio che riesce a scrivere anche sulle righe storte della nostra vita, che riesce anche a far fiorire i deserti del nostro cuore. Consegno al Signore il mio desiderio che gli occhi di Kossai possano diventare il pertugio di speranza e di fiducia attraverso il quale leggere la storia dei nostri giorni. Vorrei che lo sguardo pieno di paura e di speranza di quanti arrivano in questi giorni sulle nostre coste ci aiutasse a tenere sempre viva la consapevolezza che la vita è sacra. Kossai ci insegna a guardare al mondo ed agli altri, in modo diverso, cogliendone l’unicità e la preziosità. Impariamo a guardare all’altro come ad un dono, come ad un tabernacolo vivente che custodisce l’amore misericordioso del Padre. Un mondo diverso e migliore è possibile, ma questo dipende anche da me e dalle scelte che ogni giorno devo fare. Cosa possiamo allora noi fare nel nostro piccolo ? Prima di tutto pregare per il bene delle persone che incontriamo nel cammino della nostra vita e che non incontriamo mai per caso. Poi provare a capire quello che sta realmente succedendo cercando fonti di informazione serie e concrete. Imparare a dire di no all’ipocrisia di chi si batte per avere i crocifissi appesi nelle scuole e anestetizza la propria coscienza mentre calpesta questi crocifissi viventi; dire di no all’ipocrisia di quelle realtà di comunicazione che mandano in onda la santa messa e poi non si fanno scrupoli a proporre sondaggi carichi di pregiudizi, volti solo ad aizzare la folla conto cosa bene non si sa. Come cristiani dobbiamo avere il coraggio di rompere la ragnatela di relazioni ambigue ed ipocrite che sovente ci portano a barrattare ancora una volta Gesù per trenta denari. Troviamo il coraggio di dire che chi amministra, chi guida, chi informa se lo fa male ed in maniera inquinata, deve lasciare il posto ad altri. Noi abbiamo il compito di denuncirae queste ingiustizie, di svelarne le cause e di dare voce a chi non ce l’ha (advocacy dei più deboli). Siamo chiamati ad essere sale della terra e luce del momdo. Non deleghiamo ad altri questa sfida, ma assumiamoci questa responsabilità, perchè la giustizia e la pace dipendono anche dalle nostre scelte.
Grazie Kossai, perchè anche, se sei passato solo per qualche ora, hai rimverdito in me la voglia di continuare a lottare per un mondo migliore. Grazie Kossai per il tuo dono, per essere segno dell’incaranzione dell’Amore. Scusami se per la mia e la nostra tiepidezza hai dovuto lasciare la tua terra ed esporre te e la tua famiglia a pericoli immensi. Ti voglio e ti vogliamo bene, buon cammmino.