Diventare cuori e comunità accoglienti - CARITAS TARVISINA

Diventare cuori e comunità accoglienti

 

Abbiamo iniziato il cammino dell’Avvento per giungere a celebrare il Santo Natale con un cuore rianimato da un’attesa fiduciosa e capace di accoglienza. In questo tempo siamo chiamati a risvegliare in noi l’attesa nella venuta del Signore, che irrompe nella nostra vita portando speranza e consolazione. Siamo dunque invitati a vegliare, ad essere vigilanti.

È importante che lasciamo risuonare dentro il nostro cuore alcune domande profonde: sono in attesa di “qualcuno”? Cosa mi aspetto come rinnovamento per la mia vita? È necessario saper stare in silenzio e in preghiera per ascoltare il nostro cuore e Dio che ci parla attraverso la vita di tutti i giorni. Siamo chiamati a risvegliare le nostre coscienze addormentate, assopite dalla ricerca sfrenata del benessere individuale. Il mistero dell’Emmanuele, del Dio con noi ci invita ad aprire le porte del nostro cuore e non solo.

Allora siamo chiamati a vivere questo tempo nella vigilanza e nella custodia. Prima di tutto siamo invitati a prestare molta attenzione al “virus” dell’indifferenza che ci rende sordi e ciechi dinanzi a Dio che passa nella nostra vita e che è presenza sacramentale nella carne di ogni fratello. È fondamentale stare sempre attenti affinché il germe dell’indifferenza non renda i nostri cuori di pietra e ci porti a chiudere le porte, ad alzare muri e barricate nei confronti di quel Dio di misericordia, che sceglie continuamente di abitare la nostra storia, facendosi debole e fragile. Il Signore bussa ai nostri cuori e chiede di potervi dimorare. In secondo luogo siamo chiamati alla custodia della vita, di quella vita, che anche se fragile e ferita, viene affidata alle nostre fragili mani. Non possiamo girarci dall’altra parte, non possiamo continuamente affermare che “non è affare nostro”. Siamo un’unica famiglia umana e siamo profondamente uniti gli uni agli altri da un legame di fraternità. Questo tempo di grazia ci rivolge l’invito ad aprire il cuore per accogliere il Cristo che si fa presente alla nostra storia attraverso i fratelli più deboli, più poveri, più feriti. Ci chiede però anche di riscoprire il valore della fraternità per debellare il cancro dell’indifferenza.

Nelle nostre comunità cristiane non possiamo ridurre la celebrazione del Natale ad un rituale carico di emotività ed “atmosfera”. Siamo invitati a vivere la scelta di un Dio che nella fragilità umana continua a porre la sua dimora. Celebrare in chiesa la venuta di Dio e alimentare nel nostro cuore sentimenti di ostilità verso i fratelli, soprattutto i più poveri, è una grande ipocrisia. Non si può con lo stesso legno costruire una capanna per il “presepio” e le barricate verso coloro che teniamo ai margini e continuiamo a considerare scarto. Natale ci ricorda che “la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”.

È importante che percepiamo come questo appello a cambiare vita, a lasciare che la Grazia rinnovi il nostro cuore riguarda ciascuno di noi. Siamo chiamati a cambiare rotta, a rivedere gli stili che guidano la nostra esistenza. Le parole che ci vengono dalla Sacra Scrittura sono molto forti, ci scuotono in profondità perché ci aiutano a cogliere come la nostra strada sia piena di ambiguità e compromessi. Con troppa facilità ci abituiamo alle sofferenze degli altri. Ammicchiamo e siamo conniventi con i meccanismi del potere, con le nostre scelte quotidiane rafforziamo la logica dello scarto che marginalizza e fa precipitare molte persone nel baratro della disperazione. Abbiamo tessuto una trama così lontana dal Vangelo che la nostra esistenza è molto lontana da quanto professiamo con le nostre labbra. Tutto ciò ci ha portato ad una cultura della delega e della declinazione di ogni responsabilità. Questo modo di pensare e vivere ci ha “iniettato” nel cuore l’idea che la povertà è una colpa e che le difficoltà che incontriamo sono dovute sempre a qualcuno. Dinanzi a tutto questo è necessaria una conversione profonda del cuore. Come ricorda il Battista è necessario che l’individualismo e l’ipocrisia che sono sempre accovacciate alla porta del nostro cuore, siano tagliate alla radice. Non dobbiamo e non possiamo lasciare che il nostro cuore sia ostaggio della menzogna. Con molta umiltà siamo chiamati a metterci ancora una volta alla scuola di Gesù, per cercare quella verità e quella libertà che, sole, possono darci la gioia e la pienezza della vita.

Senza cadere nella superbia e sempre nel rispetto della dignità dell’uomo, questo tempo di Avvento ci chiede di dare voce a chi non ce l’ha, ci chiede di levare il nostro grido dinanzi alle ingiustizie e alle logiche che escludono ed “uccidono”. Non possiamo tacere, non possiamo far finta di non vedere, non possiamo non essere sdegnati quando la vita del fratello, soprattutto più debole e fragile, è calpestata e disumanizzata. Allora è necessario che prepariamo la via al Signore che viene costruendo ponti di comunione. Siamo chiamati ad essere una chiesa, una comunità che tutti accoglie. Non possono continuare ad esistere barriere “pregiudiziali” che creano esclusione e marginalità. Spianare la strada è un compito arduo che si fa insieme, nella consapevolezza che non siamo soli, ma che siamo sempre sostenuti dalla grazia dello Spirito Santo. Preparare la via al Signore in concreto significa rendere le nostre comunità accogliente, far sì che ognuno si senta a casa.

 


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