Domenica 8 gennaio ore 11.39, don Davide direttore della Caritas Tarvisina invia un messaggio ai suoi operatori: “L’emergenza freddo si sta facendo sentire. Sono necessarie delle misure straordinarie per 10-15 giorni. Per chi può oggi alle 17.30 farei un momento di confronto e strategia. Fatemi sapere. Grazie don Davide.”
Ore 17.30 gli operatori disponibili sono presenti attorno ad un tavolo nell’intento di trovare una tempestiva soluzione per quanti si trovano in strada senza un ricovero ed esposti all’ondata di freddo preannunciata.
Le prime domande che vengono poste sono: quante sono le persone fuori, in quale situazione si trovano, come coinvolgere le istituzioni.
La percezione che ci fossero diverse persone a rischio è emersa principalmente dalle richieste di aiuto raccolte dal Centro di ascolto nell’ultimo periodo e si incrocia con i dati delle Emergenze Sociali del Comune di Treviso e delle associazioni del territorio sensibili al tema della marginalità (Caminantes, Comunità di Sant’Egidio, Civico 63…).
Tuttavia il numero di persone non era certo. Sapevamo che alcuni dormivano negli angoli del parcheggio sotterraneo in zona Appiani, altri negli anfratti dell’ospedale, altri ancora in stazione o in stabili abbandonati e che il loro profilo era in prevalenza composto da migranti in attesa di convocazione in Questura per la formalizzazione della richiesta di asilo o in uscita dalle accoglienze ministeriali perché ottenuto il titolo giuridico richiesto.
E’ stato spontaneo domandarsi attorno a quel tavolo quale fosse la visione e la strategia di Prefettura e Comune rispetto a questa situazione e con che tempestività intendessero muoversi per evitare che qualcuno morisse per il freddo.
Da un primo giro di telefonate pareva non fosse chiaro di chi fosse la competenza ma era evidente che fosse urgente provvedere.
Per questo ci si è attivati dal giorno seguente per avere più chiarezza sul fenomeno: quantificare le persone che si trovavano a trascorrere la notte in strada, dove dormivano, quale luogo poteva essere idoneo ad accoglierle e dove trovare il necessario per allestire un dormitorio dignitoso.
Dal contatto con il Vicesindaco di Treviso arriva lunedì mattina la proposta di Villa Capuzzo, che solo più tardi scopriremo non essere luogo agibile.
Anche dalle parrocchie arrivano varie ipotesi, ma poche sono le situazioni idonee per spazi, disponibilità e vicinanza alla sede di Caritas…finché don Adelino della parrocchia di San Pio X risponde all’appello mettendo a disposizione i locali dell’oratorio.
Così, in un giorno e una notte, mobilitate associazioni, parrocchie, Centri di ascolto del territorio trevigiano, è stato possibile allestire lo spazio e organizzare i turni di accoglienza e sorveglianza per ospitare 20 persone in un luogo caldo, almeno fino al 31 gennaio.
Ci ha colpito positivamente l’immediata risposta da parte di tante persone che hanno detto sì alla nostra richiesta di aiuto offrendo totale disponibilità e adesione a un servizio per niente comodo, essendo capaci, non solo di commuoversi di fronte alle immagini proposte dai media dei migranti vittime del freddo in Serbia, ma di attivarsi concretamente a favore di quelli che si trovavano nella stessa condizione “sotto casa”.
Sono circa una cinquantina i volontari provenienti da realtà diverse (Croce Rossa Italiana, Comunità Sant’Egidio, Scout, Civico 63, volontari di Caritas e di diverse parrocchie della città) e coordinati dagli operatori della Caritas diocesana, che attualmente si turnano per la gestione del servizio presso la parrocchia di San Pio X.
Ma che volto hanno le persone accolte?
Alcune di esse sono conosciute da tempo perché vivono in situazioni di difficoltà economica spesso dovute a una fragilità personale, a un percorso di vita o un evento traumatico. In collaborazione con i Servizi cerchiamo di avviare percorsi di recupero socio-lavorativo e di tutela dal rischio di esclusione e marginalizzazione.
Altre (e sono quelle in crescente aumento) hanno il volto dei richiedenti asilo che hanno concluso il programma di accoglienza, in seguito all’ottenimento di una delle protezioni previste e devono cominciare a vivere autonomamente sul territorio. In questo caso, diversamente dal precedente, la condizione di fragilità è dovuta ad una scarsa conoscenza del contesto e della lingua italiana e la necessità è quella di un accompagnamento per l’inserimento lavorativo e l’integrazione socio-culturale.
Continuiamo a chiamarla ‘emergenza freddo’, ma si ripresenta – puntuale – ogni inverno.
In questo senso dal nostro punto di vista, “l’emergenza freddo non esiste”, ma esistono diverse persone (senza dimora, richiedenti asilo, persone vulnerabili) che sono esposte al freddo e lasciate a se stesse. Anche quando il freddo non è più un’eccezionalità. E prima e dopo, dove dormono?
Come Caritas desideriamo fare appello a una maggiore responsabilità e a un’attenzione particolare da parte delle istituzioni e degli amministratori verso tutti i poveri che vivono ai margini.
L’istantanea risposta e lo straordinario impegno dimostrato da tanti cittadini e volontari in questi giorni è il segno di una città solidale che chiede alle istituzioni la necessaria programmazione per fronteggiare i disagi dei mesi più freddi che, se affrontati con anticipo, possono non rappresentare un problema insormontabile.
Da qui lanciamo l’invito a organizzare un coordinamento con tutti i soggetti interessati (Comune, Prefettura, associazioni, privato sociale) al fine di pianificare al meglio la prossima “emergenza”.