Osservare l’azione pastorale della Caritas diocesana e delle caritas parrocchiali che lavorano nel territorio, è senza dubbio un occasione molto importante per guardare in faccia la realtà della nostra chiesa, così profondamente articolata, ma contemporaneamente bella e affascinante perché abitata dal Signore.
La vita della Caritas, sia diocesana che parrocchiale, rischia di essere sempre assorbito dalle emergenze e dai bisogni. Si rischia di dare per scontata ed automatica qualsiasi azione, intervento, presenza. È necessario avere sempre l’attenzione ad umanizzare le relazioni a non dimenticare mai quegli elementi “fondamentali” che nel semplice ritmo quotidiano portano a riconoscere e valorizzare la dignità dell’altro.
Credo prima di tutto sia da ringraziare il Signore per la ricchezza e la singolarità di tutti coloro che operano in Caritas e quindi nella Chiesa. Ognuno dentro questo luogo di lavoro e servizio, come nella vita, porta l’unicità del suo essere dono di Dio. In questo periodo, pur anche con le fatiche relative al tempo che stiamo vivendo, abbiamo sperimentato come la Carità di Cristo è veramente l’unica sorgente, l’unico collante che dà senso al nostro servizio nella Chiesa. Certo come in ogni esperienza ci sono aspetti positivi e alcune zone d’ombra. Tutto serve per continuare quel cammino di conversione pastorale che ci può portare ad essere maggiormente efficaci, a lavorare in un’ottica di comunione, a percepire il proprio “lavoro” in Caritas come un servizio all’interno della chiesa e del mondo.
Mi sembra però importante sottolineare l’aspetto spirituale che emerge da questa esperienza della Caritas e più in generale dal lavoro che la Chiesa sta facendo insieme. Gli appelli di conversione che lo Spirito Santo ci rivolge tracciano delle linee importanti per il cammino futuro. Credo sia importante recuperare dentro l’orizzonte dell’impegno e del servizio agli altri la dimensione del dono. Il lavoro, a servizio dei fratelli più deboli, ci porta a toccare ogni giorno il cuore di molte persone. È una grazia straordinaria, perché ci pone in continuità con l’opera meravigliosa di Dio. Abbiamo la grazia di essere immersi nella compassione di Gesù. Un altro aspetto molto importante sul quale ritornare è quello di rimettere a fuoco qual è l’obiettivo dell’operare Caritas: quello di donare Cristo e di portare ogni uomo all’incontro con Lui. Diversamente saremmo come altre associazioni di volontariato. Il centro dell’azione Caritas è Gesù Cristo: dobbiamo ricordarcelo. Abbiamo poi visto come non sempre sia facile lavorare insieme, come corriamo tutti il rischio di guardare al nostro orticello. Credo sia necessario farsi dono reciproco della preghiera per crescere nell’amore verso Gesù e verso la Chiesa. Come Caritas, diocesana e parrocchiale, siamo chiamati a saper stare di più in ginocchio, vincendo la tentazione di sentirci, in alcune circostanze, dei vincenti o in altre delle persone schiacciate dalla frustrazione. Abbiamo il dovere di sostenerci gli uni gli altri. È necessario che con gradualità impariamo a vivere la carità tra di noi per poi saperla trasmettere agli altri.
Infine credo che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, a tutti i livelli. Reputo che sia necessario imparare sempre più a lavorare insieme e a fuggire dalle morse dell’invidia. Non ci sono cose che riguardano in esclusiva solo qualcuno, ma tutti siamo chiamati a dare il nostro contributo. Pur valorizzando i doni di ciascuno, siamo chiamati sempre a rispettarci come persone. Ritengo che solo grazie a Gesù possiamo togliere forza alle dinamiche dell’orgoglio e dell’invidia che sono sempre accovacciate alla soglia del nostro cuore e che a volte inquinano i nostri rapporti lasciando uno strascico di amarezza.
Non ha importanza quale compito rivestiamo, se serviamo la Chiesa come operatori o come volontari, l’importante è che sempre nei nostri cuori riecheggi in modo chiaro l’”I care” di don Lorenzo Milani che è la concretizzazione della carità che sgorga dal cuore di Cristo.