Guarire il cuore  e cambiare lo sguardo - CARITAS TARVISINA

Guarire il cuore  e cambiare lo sguardo

Faccio fatica a respirare, l’aria di questo mondo si sta facendo sempre più pesante. Il volto unico e bello di questa umanità è imbrattato da una spessa coltre di ipocrisia e anche quando si fanno emergere delle verità luminose e promettenti, subito vengono imbrigliate in logiche di strumentalizzazione e di tornaconto personale. Come vorrei un mondo diverso, come vorrei che le cose cambiassero. E qui colgo un rischio molto forte che è quello di rifugiarsi in ricordi nostalgici di un mondo migliore ma non reale. E allora che fare? Credo sia necessario superare questi rigurgiti nostalgici facendo memoria della nostra storia, imparando da essa. Si tratta di avere il cuore piantato nella storia sacra dell’umanità come le radici di un albero. Solo così i nostri rami potranno slanciarsi verso un cielo azzurro, verso un futuro migliore.

In questi giorni mi sono recato a Roma e mentre stavo raggiungendo la meta del mio viaggio ho scambiato due parole con un taxista. Ho incontrato una persona amareggiata, delusa e soprattutto rassegnata. Mi hanno lasciato impietrito queste sue parole “per risollevare l’Italia c’è una sola possibilità, un altro Mussolini”. Sono certo che la frustrazione del momento presente toglie la lucidità della memoria storica e dei sacrifici vissuti da molte persone per promuovere la libertà e la democrazia per tutti. Però sotto c’è qualcosa di più, c’è la tentazione di declinare le proprie responsabilità, di scaricarle su qualcun altro, di trovare a tutti i costi il salvatore della patria. Non importa che cosa fa, come lo fa o se calpesta i diritti di qualcuno, ciò che conta è che siano garantiti il “mio” benessere, i miei privilegi. Questo, a mio modesto parere, è il nocciolo su cui bisogna sostare. Si tratta di attivare una partecipazione dal basso, in cui siano riconosciuti i diritti di tutti e contemporaneamente richiamati anche i doveri di tutti. Ciò è possibile se si ha il coraggio di percorrere i sentieri del bene comune e della giustizia, se si ha la forza di pagare di persona, accettando anche di essere etichettati come dei “buonisti” quando si afferma la sacralità della vita, di ogni vita. Mi fa paura l’aria che si respira nella mia città, in Italia, in Europa … nel mondo. Mi stringe il cuore sapere che si affermano ogni giorno, con scelte chiare, processi distruttivi come mors tua, vita mea o homo homini lupus est. Mi inquieta quello che sta succedendo nella nostra Italia. Sono sbigottito dinanzi a strategie politiche che partendo da intuizioni buone si trasformano poi in scelte che sono ancora una volta fautrici di ingiustizia e disparità. Qualche uccello del malaugurio sentenza che presto il governo cadrà, che siamo sull’orlo di un baratro. Io non so se questo capiterà, certo è che anche i governi precedenti hanno dato il loro ”pesante” contributo per rendere quest’aria irrespirabile. Penso anche che questo governo non cadrà facilmente, perché in nome del contratto si trova sempre una soluzione a tutto, si conciliano posizione diametralmente opposte perché il vero obiettivo non è il bene degli italiani, ma è essere al potere o meglio avere il potere. Ma ciò che più mi fa male è che dinanzi a tutto questo restiamo inermi ed indifferenti. Chiudiamo la tapparella davanti ai nostri occhi per non vedere, per non sentire, per non essere toccati nel cuore.

In questi giorni si stanno scrivendo delle pagine vergognose in cui si riportano alla luce modalità che sembrava potessero risuonare come monito solo nella giornata della memoria. E invece no! Diventano scelte, strategie per affermare il primato di qualcuno su qualcun altro. Non contano le sofferenze, non contano i cuori lacerati, non contano i morti, l’importante è che stiamo bene “a casa nostra”. Non si ha il coraggio di guardare con onestà che noi stiamo dalla parte dei forti, di coloro che generano diseguaglianza ed ingiustizia. Il nostro stile di vita, il nostro modello di sviluppo è quello che sta ferendo in modo grave nostra madre terra ed è lo stesso che sta calpestando la sacralità della vita, dividendo l’umanità in “eccellenza” e “scarto”. La globalizzazione economica che non è stata gestita sta alimentano continue espulsioni dalla cerchia delle eccellenze. Questo avviene con dinamiche predatorie che svuotando di ricchezze alcuni paesi, tolgono speranza anche alle loro nuove generazioni. Il tema delle espulsioni è centrale ed oggi si realizza in vari modi con scelte economiche, politiche e sociali che sono profondamente divisive. È la logica dei muri, è la logica fasulla ed ipocrita dei “cuori aperti e dei porti chiusi”. Ma c’è ancora di peggio!!! Per affermare le proprie logiche di potere si azzerano, si radono al suolo quei germogli di speranza che, con tanta pazienza e sudore, stavano spuntando anche nella nostra Italia. Esempi di integrazione come quello di Riace o di Castelnuovo di Porto, o come tanti altri sparsi nel nostro bellissimo paese e che non riguardano solo i migranti, vengono presi di mira e azzerati, per affermare con forza che un mondo diverso non è possibile, che l’Italia è nostra e tale deve rimanere. Che idiozia! Si strumentalizzano le paure senza trovare la strada per abitarle insieme e trasformarle in nuove opportunità. Si lasciano delle persone vagare per giorni in mezzo al mare perché i porti sono chiusi, si smantella (oggi e domani non si sa a chi toccherà) l’accoglienza dei migranti attraverso delle frettolose ed insensate “deportazioni” che sbriciolano percorsi di inclusione e di integrazione. È un colpo mortale al cuore, ma dobbiamo rialzarci, dobbiamo ritrovare la sapienza della memoria e la forza dei sogni. Dobbiamo ringraziare tutti coloro che ci aiutano a tenere desta la nostra riflessione e a far sì che la nostra coscienza non si assopisca nel torpore dell’indifferenza e della sterilità. Ringraziamo Andrea Camilleri , 93 anni, per le sue parole vere e coraggiose: “Ci tengo, quale cittadino italiano, a dire questa frase: NON IN NOME MIO. Mi spiego meglio. Lo sgombero avvenuto a Castelnuovo di Porto di una comunità di 540 migranti che erano riusciti perfettamente a integrarsi nella società italiana, con i bambini che da due anni frequentavano le scuole italiane, con gente che lavorava e pagava le tasse in Italia, ebbene questo sgombero è persecutorio, cioè a dire: Attenzione, stiamo entrando assolutamente in un regime di violenza e di prepotenza. Non solo di “difesa contro l’emigrazione”, oscena, perché i porti devono essere aperti a tutti, mai chiusi, perché i porti spesso sono la riva sognata da gente, da migliaia di persone. Gli si chiude la porta in faccia. Non solo: si comincia a perseguitare coloro che ormai sono italiani, integrati perfettamente. Questa è un’ossessione, rendetevene conto. NON IN NOME MIO. Io mi rifiuto di essere un cittadino italiano, complice di questa nazista volgarità”.

Questa ossessione verso i migranti, camuffata dietro a sorrisi beffardi, slogan ad effetto e ad un carosello imbarazzante e fantasioso di divise ci deve aiutare a tener presente che non esiste, nella realtà concreta dei fatti e della storia, il binomio cuori aperti e porti chiusi. Concludo, ricordando che come cristiani siamo chiamati a rispondere al Vangelo che ci dice  “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt. 25,35), perché non ci capiti, in obbedienza a certe leggi (ingiuste) di sentirci dire “Ero forestiero … e mi avete dato una padella da 24 cm, dei mestoli di silicone e dei badge” (Legge 132/2018 – Legge Salvini) …. NON IN NOME NOSTRO!!!


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