No alla chiusura del cuore - CARITAS TARVISINA

No alla chiusura del cuore

Il fenomeno migratorio è molto complesso e non può non essere governato e gestito dalle istituzioni, Europa in primis. Le risposte non possono oscillare tra il buonismo che concretamente rischia di inchiodare molti migranti in una stato di vita sotto la soglia della dignità, e la rigidità di chi alza muri e chiude porti con l’assurda e inconsistente pretesa di voler fermare la storia. Questo è un tempo carico di grande opportunità, ma chiede a ciascuno di fare la sua parte, di assumersi fino in fono le proprie responsabilità in ordine al bene comune. È immorale continuare a fare campagna elettorale sulla pelle della povere gente, al di là che sia italiana o di un altro paese. È ora di finirla nel raccontare bugie che stanno sempre più confondendo le persone e innescando paure e sentimenti di odio. Come uomo, come cristiano, come prete sento che è necessario, assumendoci, ciascuno, anche le proprie colpe, che sappiamo dire basta a questa logica del forte che schiaccia il debole.

Un dato è certo che nella vicenda umana coloro che pagano il prezzo più alto sono sempre i più poveri, i più fragili. I poveri vanno difesi e questo compito spetta a ciascun uomo, a partire da me. In questo clima di confusione credo sia necessario agire con calma e prudenza. È importante però affermare con forza che il Vangelo è solo quello di Gesù Cristo, e non ve ne sono altri. Qualche uomo politico in un delirio di onnipotenza arroga a sé la paternità di una nuova “buona notizia”. Non lasciamoci catturare e abbindolare da dialettiche accattivanti che fanno breccia sulle nostre paure ed incertezze, ma aiutiamoci a tenere la barra dritta sul bene comune e sui valori che Gesù ci ha consegnato.

A livello politico oggi sono in voga alcuni slogan quali “prima gli italiani”, “aiutiamoli a casa loro”. Sono affermazioni che hanno un loro valore, ma che chiedono poi una linea coerente a 360°. Se prima ci sono gli italiani, questo vuol dire tutti gli italiani e non solo “alcuni”. Aiutiamoli a casa loro, significa offrire nuove opportunità di sviluppo nei paesi di origine dei migranti, ma soprattutto significa rinunciare al mercato di armi, alla colonizzazione economica, allo sfruttamento delle risorse di questi paesi su cui si fonda gran parte del nostro benessere. Dobbiamo chiederci se siamo disposti a condividere il nostro benessere con gli altri, abbassando però il tenore di vita. Non si tratta di carità, ma di giustizia. Questo non è contemplato nei programmi politici.

La proposta di chiudere i porti italiani alle navi delle organizzazioni non governative per bloccare i flussi migratori è l’ennesima dimostrazione di una deriva egoista ed individualista che è tornata a infettare il vecchio continente, da nord a sud, e non c’è partito di centrosinistra o centrodestra o cinquestelle che tenga, ma solo etichette superate che mascherano una visione comune tra tutti i governi d’Europa: alzare i muri e rifugiarsi nel proprio “benessere”, lasciando gli ultimi, i poveri, i perseguitati alle prese con i loro problemi. È sufficiente analizzare il dibattito che sta ruotando intorno all’assurda idea della chiusura dei porti per capire come l’Europa intera (le sue istituzioni e i suoi amministratori, i giornalisti complici e i cittadini sempre più contagiati dall’odio) stia rasentando la follia in materia di politiche sull’immigrazione e l’accoglienza.

Ma a monte c’è un altro fatto grave: siamo davanti a continui tentativi di spingere l’opinione pubblica all’odio che ormai infatti dilaga ovunque, come è facile rendersi conto leggendo qualsiasi commento o dibattito online alle notizie sui temi dell’immigrazione e affini. A mancare, come al solito, è la memoria collettiva: il Mediterraneo, mare che nella storia ha unito i popoli di tre diversi continenti, con le sue acque che hanno accolto migrazioni e scambi culturali, è stato negli ultimi anni trasformato in confine con tanto di muri, oltre che cimitero per migliaia di individui. Voler chiudere i porti italiani significa calpestare ulteriormente la storia di questo mare, ma soprattutto dimostra l’egoistica non volontà di aiutare chi sta peggio, di perseguire la “crescita economica” senza avere alcun fastidio esterno da affrontare. Rifiutarsi di accogliere significa dimenticare che i migranti scappano da guerre e fame, da violenze e da mancanza di libertà. Invece, è in atto un’architettata operazione che fa passare tutti i migranti come dei fuorilegge e fa percepire il loro arrivo come un’invasione, alimentando odio, paura e irragionevolezza. Il dibattito sulla chiusura dei porti e le irresponsabili accuse alle ong sono il culmine di questo veleno che sta uccidendo l’umanità, la carità e l’accoglienza.

 


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