Non di sole parole... - CARITAS TARVISINA

Non di sole parole…

donIn questo Anno della Misericordia l’appello forte che ci viene dal Vangelo è quello di prendere consapevolezza che l’ingiustizia e l’inequità continuano a generare sofferenza e diseguaglianza. Non è però sufficiente aprire gli occhi, è necessario sporcarsi le mani, mettersi in gioco. È importante che impariamo a declinare nella concretezza di scelte quanto il Signore, attraverso la grazia del Suo Santo Spirito, ci rivolge come appello di conversione pastorale. In questo tempo siamo chiamati a dare contenuto e forma a tante nostre idee di solidarietà e prossimità. Si tratta di passare dalle buone intenzioni al prendersi cura in concreto del fratello che mi vive accanto.

Il nostro territorio risplende agli occhi del mondo intero per le sue eccellenze e per una storia di impegno e sacrifici. Sono elementi di cui essere orgogliosi. Dobbiamo però prestare attenzione al virus dell’individualismo e dell’indifferenza che sta minando alla base un tessuto sociale che da sempre poggiava su elementi di solidarietà e vicinanza. Anche nella marca gioiosa ci sono persone che vivono delle difficoltà, che non hanno un pasto garantito e un vestito decente e pulito da indossare. C’è un grido silenzioso, ma lancinante che si leva da chi inizia ogni giorno come una lotta continua per la sopravvivenza. Dinanzi a questa umanità sofferente la Caritas diocesana e le Caritas del territorio si sono messe in cammino per vivere una prossimità che si declini con gesti concreti, capaci di dare dignità e fiducia a chi è nel bisogno. Queste opere segno della Chiesa diocesana, sparse nel territorio della Diocesi, ci ricordano che anche in mezzo a noi c’è una umanità schiacciata dalle prove della vita, ma anche che ciascuno di noi è chiamato a fare la sua parte, a mettersi in gioco. Siamo invitati a condividere del nostro e non a dare in elemosina solo il superfluo o quello che abbiamo scartato dalla contabilità della nostra condizione “borghese”.

La mensa in Casa della Carità, dove tutti i giorni dell’anno viene offerta la cena a più di 50 persone che non hanno una casa e un pasto caldo garantito; l’Emporio Beato Erico e i centri di distribuzione che sostengono le famiglie che non hanno più le risorse per il sostentamento; il servizio docce e quello della lavanderia sempre in Casa della Carità per offrire la possibilità della propria cura personale a chi è relegato nei bassifondi dell’emarginazione sociale: tutto questo è misericordia. Dietro a questi segni ci sono volti, storie relazioni che necessitano di una prossimità liberanti, di sguardi accoglienti e non giudicanti. È la forza della gratuità che non rimane imbrigliata nei meandri delle previsioni di spesa e dei bilanci. Le opere di misericordia ci invitano ad andare oltre alla logica dei costi e delle spese, per cogliere la singolarità e la ricchezza di ogni singola persona. Apre allo stupore e alla meraviglia vedere come molte persone nella loro semplicità e nel silenzio si adoperano per dare da mangiare agli affamati, per vestire gli ignudi, per seminare speranza ….

Dare da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi significa in modo molto concreto aprire il cuore a chi ne ha bisogno, perché in esso possa trovare accoglienza e cittadinanza. È riconoscere l’altro nella sua dignità, nel suo valore, imparando a sospendere ogni giudizio ed ogni etichetta. È rimanere in ascolto, donando tempo e spazio della nostra giornata, ricordandoci sempre che la vita è un dono di Dio e non una proprietà privata. Lo spazio ed il tempo ci sono donati non per realizzare i nostri progetti, ma perché siano abitati dai fratelli con cui condividere il meraviglioso cammino della vita. Vestire gli ignudi e dare da mangiare agli affamati è promuovere la persona nella sua integralità, è dare il proprio piccolo contributo perché ognuno possa sperimentare la libertà e la liberazione da tutti quei legacci che lo imprigionano nei bassifondi di una sterile e amara sopravvivenza. In sintesi non è solamente essere per, ma è essere con. È vivere nel concreto del quotidiano la fraternità che ci ricorda che siamo chiamati a custodirci gli uni gli altri nella consapevolezza di essere una sola famiglia umana.

Credo che l’incontro con i poveri, che prima di tutto sono solo dei fratelli, sia la più importante scuola della nostra vita. Non ci sono corsi o master che possano educare il cuore quanto la condivisione di gioie e dolori con gli uomini e le donne che accostiamo ogni giorno. Questa condivisione quotidiana allarga il cuore e aiuta a comprendere che il tanto che abbiamo ricevuto siamo chiamati a condividerlo e a restituirlo. I poveri ci aiutano ogni giorno ad abbattere i muri di giudizio e di indifferenza che il nostro orgoglio e la nostra superbia hanno eretto dentro di noi. I nostri occhi possono imparare a vedere, gli orecchi a sentire, le mani a donare, il cuore ad amare … e questo grazie a questi fratelli, che anche con le loro debolezze e fragilità, ci provocano ad una fedeltà sempre più grande al Vangelo. Non c’è gioia più grande di quella di poter essere per gli altri scintilla che li conduce all’incontro con la vera Gioia. I poveri ci accompagnano ad entrare piano piano, in punta di piedi dentro il mistero della vita, con un grande desiderio di pienezza e di libertà.


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