Don Luigi Faganello era così profondamente immerso nella Carità che ormai indossava una sciarpa dell’Albania come stola, quasi a dire che non c’è servizio sacerdotale più grande di quello di essere tutto speso e donato agli altri, specie agli esclusi, ai poveri, ai dimenticati.
Se è vero che tutti siamo uguali davanti a Dio e che quando muore una persona cara è sempre motivo di turbamento e di dolore, quando muore un sacerdote l’evento si carica di una intensità particolare e quando il sacerdote è don Luigi Faganello, l’evento tocca il cuore di tutta la nostra Diocesi e anche oltre.
I suoi 94 anni di vita, i suoi 67 anni di sacerdozio, sono stati una parola di Vangelo molto bella e significativa anche per me. Le sue espressioni “Sempre vanti cò muso duro e bareta fracada”, “El Signor l’è na roba granda” e “Ogni giorno a va sempre méio” sono sintesi di una vita totalmente affidata a Dio e capace di affrontare ogni ostacolo con la forza della carità. Don Luigi non aveva predisposizione per gli studi (di sé stesso diceva che era un prete zuccone), ma aveva un cuore grande, una passione sconfinata per Dio e per gli uomini.
Si può dire che don Luigi ha vissuto il suo essere prete come SERVIZIO: di servizio a Dio con una fede essenziale, concreta, coerente, affidandosi fino alla fine alla volontà di Dio anche quando questa si presenta in modo complesso e talvolta oscuro; di servizio agli altri, dagli uomini importanti ai più semplici, con una particolare attenzione e predilezione a chi aveva più bisogno. Don Luigi ci ha testimoniato con la sua vita che il prete è sempre un uomo toccato dall’amore di Dio e la sua vita è sempre in qualche modo un mistero e un miracolo d’amore. Egli partecipa e rivive in sé il mistero di Cristo che spende la sua vita per tutti. Anche don Luigi con la sua vita, il suo ministero ci ha insegnato ad amare Gesù e quindi ad aver cura e ad amare i fratelli.
Ha servito il Signore, la sua Chiesa con tutto sé stesso, la sua umanità, il suo carattere, la sua saggezza, il suo amore alla Chiesa. Ha speso i suoi giorni ascoltando, confessando, affidandosi alla Vergine Maria, educando i ragazzi, accogliendo e servendo i poveri. Ha sempre avuto nel cuore la missione ed ha scritto delle pagine meravigliose di accoglienza e carità verso i poveri. In modo particolare verso i migranti albanesi arrivati in Italia negli anni 90. Ne ha accolti centinaia, li ha aiutati, ha accompagnati, ha visitato le loro famiglie in Albania … li ha amati fino alla fine. Era così profondamente immerso nella Carità che ormai indossava una sciarpa dell’Albania come stola, quasi a dire che non c’è servizio sacerdotale più grande di quello di essere tutto speso e donato agli altri, specie agli esclusi, ai poveri, ai dimenticati. Mi permetto di dire che è stato un po’ il piccolo curato d’Ars della nostra Diocesi di Treviso.
“Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa di Israele!” (Ez 3,16). Sono le parole che si sentì rivolgere da Dio il Profeta Ezechiele al momento della sua chiamata e del suo invio in missione quale responsabile della protezione del popolo eletto, il popolo di Israele, davanti agli attacchi improvvisi. La chiamata alla protezione non di una parte del popolo al quale Ezechiele era stato mandato da Dio come profeta, ma di tutto il popolo: sia dei giusti che dei malvagi. “Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa di Israele!” (Ez 3,16). Don Luigi è stato un vero prete, un santo prete, un bravo prete! Una vera sentinella posta da Dio in mezzo al suo popolo per vegliare affinché nessuno si perdesse nel cammino arduo e difficile, ma altrettanto bello ed entusiasmante, della vita cristiana. Io stesso posso dare testimonianza di questa sua fede forte, una fede da prete, una fede che lo ha reso realista e credibile fino alla fine, che lo faceva essere consapevole della sua situazione non facile e nello stesso tempo lo portava non alla rassegnazione supina ma a offrire prospettive concrete per il futuro di quanto più amava: i poveri! Ha servito e amato la “sua gente” che andava ben oltre i confini della parrocchia, come sentinella desiderosa di vegliare sul gregge affidatogli dal Signore, consapevole del dovere del sacerdote di vegliare, incoraggiare, riprendere con forza e dolcezza insieme il suo popolo, di usare verso di esso la carità dell’insegnare la Verità di Cristo e del Vangelo per guidare tutto il popolo affidatogli verso la vita eterna. Tra i più bei detti sul sacerdote del Santo Curato d’Ars ce n’è uno che definisce il sacerdozio “l’amore del cuore di Gesù”, quel cuore di Gesù ricco di compassione, una compassione verso il suo popolo che vede stanco e sfinito come pecore senza pastore! Non è difficile applicare a Don Luigi questo stile di essere prete, di vivere il sacerdozio come “l’amore del cuore di Gesù”. Basti pensare al suo sguardo dolce e profondo, alla sua intelligenza penetrante che sapeva comprendere chi aveva davanti, al suo distacco da tutto ciò che gli pareva non essenziale per essere cristiano e sacerdote, per comprendere quale era lo stile del suo essere prete: lo stile di chi sa di essere stato chiamato a dare tutto se stesso per Dio e per la Chiesa senza “ma” e senza “se”, con specchiata onestà, con il coraggio di assumersi le proprie responsabilità pur di rimanere fedele a Dio e alla Chiesa, a Dio e a quel popolo che prolunga la presenza salvifica di Cristo nel tempo e nello spazio, a Dio e alla Chiesa per andare con essa verso chi è lontano da Lui o digiuno dall’annuncio salvifico del Vangelo e della grazia che si riceve attraverso quei canali privilegiati che sono i sacramenti. Don Luigi era questo! Sì, questo prete, non aveva ambizioni se non quella di lavorare per il regno di Dio e per la Chiesa! Grazie don Luigi, prete amico, testimone di Cristo e della Sua Carità.