(Luca 1, 39-45)
In questa ultima domenica di Avvento la liturgia ci invita, attraverso il racconto della visita di Maria alla cugina Elisabetta, a soffermarci sulla bellezza e la gioia dell’incontro. Le relazioni quando sono libere ed autentiche si aprono alla gioia e alla meraviglia per la vita. Maria ed Elisabetta, insieme ai figli che portano in grembo, esultano di gioia perché la Misericordia di Dio ha ricolmato il loro cuore di senso e di speranza. Tutto ciò non ha annullato le loro fatiche, ma le ha collocate dentro un quadro di senso. Tutto è grazia, tutto è dono di Dio e nulla di quanto viviamo, neanche il più piccolo frammento, va perduto.
L’incontro tra Maria ed Elisabetta, tra Gesù e Giovanni, ci svela la straordinaria forza della condivisione, dell’accoglienza e del servizio. Le due cugine condividono intimamente ciò che abita il loro cuore, si fanno reciproca consegna delle domande profonde che sgorgano dalla sorprendente azione di Dio. La condivisione diventa luogo di fiducia, dove si sciolgono le paure e si esce dal proprio isolamento. L’incontro con l’altro è sempre un dono straordinario che cambia la vita e la segna per sempre. Le relazioni, anche se possono essere affievolite dallo scorrere del tempo, hanno la dimensione dell’eternità. Condividere significa allora mettersi in cammino, come pellegrini e come ha fatto Maria, per entrare in punta di piedi in quella terra di mezzo che è la comunione. Si tratta di vivere la convivialità delle differenze nella prospettiva che il dono e la singolarità di ciascuno è per il bene di tutti. In secondo luogo l’incontro tra Maria ed Elisabetta è un momento di grande accoglienza. Le due donne diventano casa ospitale l’una per l’altra. Non c’è giudizio, ma solo desiderio ardente di condividere, di accogliere, di gioire insieme. Nell’accoglienza vicendevole, anche dei propri interrogativi, diventano l’una sostegno per l’altra. E qui possiamo vedere come la condivisione e l’accoglienza non possono non aprirsi al dono, al servizio verso il fratello che ha più bisogno, che è più debole. Maria, animata dalla Carità e dalla comunione, si è messa in cammino per condividere anche le fatiche della cugina più anziana, per esserle accanto, per abitare con discrezione la sua storia.
Questo incontro di Maria ed Elisabetta ci dona delle indicazioni ben precise su come siamo invitati a vivere il Santo Natale e soprattutto la vita di ogni giorno. La nostra esistenza è piena di incontri che purtroppo spesso rimangono superficiali e vuoti. Siamo chiamati ad una conversione, a passare dall’indifferenza all’interessamento, al coinvolgimento. La vita degli altri ha a che fare con la nostra e non possiamo girarci dall’altra parte, non possiamo fare finta di non vedere e non sapere. In modo particolare dinanzi ai poveri non possiamo tirare diritto. Siamo invitati a fare la nostra parte, siamo chiamati ad esserci.
In questo Natale consegno alla Misericordia di Dio il desiderio che la Casa della Carità con i suoi servizi diventi casa accogliente per tutti, luogo aperto e di condivisione dove ciascuno può sperimentare la bellezza dell’incontro e trovare cittadinanza per quello che è, con i suoi pregi e con i suoi difetti. Attraverso i servizi concreti dell’accoglienza, della mensa, delle docce, della lavanderia, del centro d’ascolto il Signore ci doni di essere testimoni di condivisione per poter affermare che questa volta “c’era posto per loro”, per Gesù, per ogni uomo indipendentemente da quello che ha o non ha fatto. La Casa della Carità possa essere come la grotta di Betlemme, un piccolo segno dove è possibile per ciascuno un nuovo inizio in virtù dello straordinario incontro tra Dio e l’uomo.