Con questa domenica inizia un nuovo anno liturgico che avrà come cuore la celebrazione dell’Anno della Misericordia. Dio ci parla attraverso il dono della Sua Parola e attraverso la vita di tutti i giorni. Ci rivolge un invito chiaro a destare il nostro cuore dal rischio sempre presente di essere assopito dall’anestesia dell’indifferenza o da fughe verso mondi altri. Essere vigilanti non significa lasciarci vincere dalla logica del sospetto e della sfiducia. Dinanzi all’opera del Male non dobbiamo chinare il capo, ma siamo chiamati a ritrovare la bellezza di percorrere sentieri di libertà e di verità. È necessario che maturi in noi la chiara consapevolezza che il Male sta in questo tempo attaccando in maniera violenta l’umanità, perché c’è un oceano di Bene che sta fiorendo. Più il Bene cresce, più il Male diventa violento. E qui siamo chiamati ad affidarci alla Misericordia di Dio che mai ci lascerà soli. Non dobbiamo temere, perché l’Amore di Dio sanerà ogni nostra ferita, ogni nostra fatica. Questo è il tempo dell’attesa, un attesa che chiede di essere vissuta con impegno e responsabilità. È l’ora in cui ciascuno è chiamato ad aprire le porte del proprio cuore per dare cittadinanza ai grandi desideri di Dio e degli uomini di buona volontà. Siamo chiamati ad abbandonare le rotte di piccolo cabotaggio, per prendere il largo, per osare oltre ogni umana speranza. Un mondo impregnato d’amore e misericordia, il riconoscere che siamo una unica famiglia umana non possono essere desideri intrappolati nei vortici dell’utopia. Vivere questo tempo significa lasciare che il nostro cuore arda del desiderio di qualcosa di nuovo, sorprendente, vero. Dobbiamo lasciarci rapire dall’inedito che la Misericordia di Dio va tracciando nel solco della storia dell’umanità. È lo stupore di un Amore che si fa debolezza, che nella carne di un mite bambino si consegna ai nostri sguardi. Ma l’uomo d’oggi, o meglio noi, attendiamo qualcosa da questo tempo? C’è una novità, un desiderio che ci fa ardere il cuore o siamo rassegnati alla sonnolenze e alla tiepidezza della sopravvivenza ? Dinanzi alle violenze, ai drammi, alla sofferenza di tanta umanità non possiamo non attendere con forza il dono della pace e della comunione. La nostra attesa sia operosa e ci doni di essere giorno per giorno operatori di pace, tessitori di riconciliazione. Custodendo nel nostro cuore l’attesa ed il desiderio di un mondo nuovo e migliore, il Signore ci doni di seminare speranza e fiducia.
Don Davide Schiavon