il nostro tempo è contrassegnato da pagine luminose che si intrecciano con momenti bui e tenebrosi. Dinanzi alle logiche del terrore e alle scie di sangue che non sembrano avere mai fine, il nostro cuore si lascia avvolgere dallo sconforto e dalla disperazione. Questo è il tempo della fede, è il tempo della speranza che ci chiama alla responsabilità della fraternità e della solidarietà. Dio ci rilancia ancora una volta la domanda di senso sulla storia dell’umanità: Dov’è tuo fratello ? Sono forse io custode di mio fratello ? Si lo sei. Questa consapevolezza ci invita a guardare alla nostra storia con occhi diversi, ci invita a coltivare passione per l’uomo e per questo mondo. Non possiamo chiuderci nella roccaforte del nostro benessere, lasciando che altri fratelli siano inghiottiti dal baratro della violenza, della sofferenza e dell’ingiustizia. Oggi ci sono molti segni del male che ci disorientano e ci lasciano sbigottiti. Cosa sta succedendo ? Dio si è dimenticato del suo popolo ? Credo che dovremmo maturare uno sguardo di fede più profondo per cogliere come lo Spirito Santo sta tessendo, giorno dopo giorno, una storia di bene meravigliosa. E quando il bene cresce, il male non sta a guardare, ma attacca e lo fa in modo pesante. Non dobbiamo temere, non dobbiamo scoraggiarci, ma avere fede in Lui.
Papa Francesco nel messaggio per la giornata mondiale della pace di quest’anno ci ha invitato a maturare un atteggiamento di non violenza. Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza. Essa – come ha affermato il mio predecessore Benedetto XVI – «è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” da Dio. Ed egli aggiungeva con grande forza: «La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della “rivoluzione cristiana”». Giustamente il vangelo dell’amate i vostri nemici (cfr Lc 6,27) viene considerato «la magna charta della nonviolenza cristiana»: esso non consiste «nell’arrendersi al male […] ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia». La nonviolenza è talvolta intesa nel senso di resa, disimpegno e passività, ma in realtà non è così.
Alla luce di queste parole di Francesco credo sia importanti che tutti quanti cerchiamo di adoperarci per costruire la pace, custodendo e promuovendo la vita di ogni persona. Siamo chiamati a porre un freno deciso e serio a tutte le logiche dello scarto che generano ingiustizia ed emarginazione. Siamo invitati a neutralizzare i venti dell’odio con il dolce soffio della misericordia. Non si tratta di essere buonisti, la carità deve sempre camminare in compagnia dell’intelligenza e della verità. È fondamentale che impariamo ad avere parole buone, che i nostri discorsi siano purificati da tutte quelle venature di odio e di rancore che ci portano a vedere nell’altro sempre un nemico da combattere, un intruso da respingere. La pace non si costruisce con delle belle parole, ma con gesti concreti e con la capacità di affermare la bellezza, la bontà, la verità del Vangelo dell’Amore.
Cosa fare nel concreto ? Prima di tutto impegniamoci a ritrovare un linguaggio capace di dire il rispetto e l’attenzione alla vita dell’uomo. Non possiamo continuare ad assecondare linguaggi violenti che fomentano odio e che non hanno mai la paternità di nessuno. Non possiamo identificare il nemico con chi ci è più scomodo o con chi ci chiede di fare un passo nuovo. È inaccettabile che le diversità di etnia, religione, cultura siano vissute come pretesto per costruire muri e non come occasione favorevole per tessere ponti di comunione e di riconciliazione. Non si può continuare ad accettare una modalità di classificazione dell’umanità fondata solo sul privilegio di pochi. La vita non può mai essere considerata uno scarto. È necessario che in nome della dignità umana sappiamo dire il nostro no a chi definisce ogni migrante come “ciabattante” allo solo scopo di salvaguardare ed accrescere il proprio potere e senza aver mai ascoltato la storia di una sola di queste persone. Questa violenza sottile fino ad ora ha prodotto solo intolleranza ed odio.
In questi giorni, ancora una volta (non è più un caso), il nostro territorio si è reso protagonista di un’altra pagina vergognosa che indicava l’arrivo dei migranti come una venuta all’inferno. Forse si è persa la memoria storica di questa nostra terra che durante la guerra ha attraversato l’inferno e forse si è così lontani dalla realtà che non si conoscono gli inferni da cui questi migranti arrivano (anche la miseria causata dall’ingiustizia è un inferno). Qualcuno ha preso le distanze (troppo tardi) e ha detto che non si è accorto, che non ha visto. Può essere, ma non ci credo. Reputo non sia costruttivo alimentare polemiche, ma è necessario riconoscere che i cuori di tante persone sono inquinati dall’odio e dal razzismo, molte volte senza conoscere, ma solo per sentito dire.
A tutte le persone che sono in difficoltà, compresi i migranti, credo che come cristiani siamo chiamati non ad offrire il Paradiso, perché non dipende da noi, ma a dare dignità, ospitalità ed opportunità perché ogni uomo abbia il diritto di rimanere nella propria terra e di migrare in base alle aspirazioni e ai sogni del suo cuore. Finché ciò non sarà possibile per ogni uomo, il germe dell’odio e della violenza porterà sempre il suo frutto. Non sarà la soluzione di tutti i problemi, ma sarà un pezzettino di paradiso dove è possibile una vita dignitosa per tutti. Io il mio pezzetto lo dono con tutto il cuore ….