Scrivo di getto perché ho una cosa bella da raccontare, di quelle che si confidano con il “tu”, sottovoce, tra amici. È una storia bella, bellissima, perché autentica, ardente di amicizia, contagiosa di speranza. È per questo che l’affido al Signore. Giovedì 7 giugno, qui a Treviso, è morto un prete, don Pierluigi. Un amico, un uomo, un prete. Siamo stati ordinati sacerdoti insieme il 27 maggio 1995. Ci lega una lunga amicizia di 32 anni che non può e non sarà spezzata dalla morte. Piango un amico vero, un uomo schietto, un credente robusto, un fratello prete. Quando ho detto prete, ho detto tutto. Lo era con tutto se stesso: mite, umile, buono, schietto, trasparente e innamorato del Cristo. Aveva capito che per amare le persone, bisogna imparare a perdere. Per questo voleva bene a tutti, senza mai legare nessuno a sé. Ed era contento. Che miracolo, un prete contento ! L’Eucaristia ha fatto della sua vita un corpo donato In molti avevamo chiesto la grazia della sua guarigione, ma lui rispondeva: «Non chiediamo al Signore di fare la nostra volontà. Chiediamogli la grazia di essere umili e disponibili a fare la sua». Comunque il miracolo c’è stato. Il miracolo di non aver vissuto la morte come una ineluttabile disgrazia, ma come un incontro, come l’inizio di una festa senza fine.
Certo non è un momento facile. Il buio della morte lascia il suo segno. Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la terra. Questo buio che dalla croce invade l’umanità è il simbolo di un altro buio che in questi giorni prende i nostri cuori. Il buio del turbamento, della tristezza, del dolore per la morte di un prete e di un amico qual è stato, e qual è tuttora, don Pierluigi. Questo buio in particolare lo vedo riempire il cuore del papà, della sorella, del fratello, dei parenti tutti. Lo stesso buio che riempie il cuore di tante, tantissime persone che hanno conosciuto, stimato e amato don Pierluigi.
Questo buio prende in maniera tutta particolare il cuore di noi confratelli sacerdoti. Il buio, il buio del dolore, ma ci ricorda il Vangelo che il buio di quel pomeriggio è stato squarciato da un grido altissimo, il grido di Gesù sulla croce che si rivolge al padre e dice “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Sì, è un grido di angoscia, di angoscia di fronte al male più terribile che conosce l’uomo, il male della morte. Ma questo grido di angoscia non sconfina affatto nella disperazione, ma ad un tratto ci parla di un sentimento di profondo abbandono, di abbandono filiale nelle braccia del Padre per compiere la sua volontà. In questo momento sento non soltanto il grande sì di Cristo al Padre, nel compiere la sua volontà morendo per nostro amore, ma sento anche il sì pronunciato interiormente ma con tutta la forza della sua fede e del suo amore sacerdotale, il sì di don Pierluigi alla volontà del Padre. E in questo sì noi proviamo la fedeltà, proviamo la pace. Il sì di don Pierluigi al termine della sua vita è stato il sì conclusivo di tanti altri sì che lui ha detto al Signore.
Il Vangelo ci ricorda che il cuore di Gesù è stato ardentemente afferrato dal desiderio di fare Pasqua, di fare Pasqua con i suoi discepoli, ma per Lui fare Pasqua significava andare sulla croce e lì dare il suo corpo e il suo sangue a testimonianza del suo amore sconfinato per l’umanità. Questo significa essere sacerdoti che con Cristo celebrano la Pasqua e vivono la pace. E questa logica don Pierluigi l’ha vissuta continuamente poiché negli ultimi mesi della sua malattia e negli ultimi giorni della sua vita, ha sofferto, ha sofferto così, con quella serenità, con quel sorriso, con quella umiltà che ha caratterizzato la sua vita.
Gesù risorto è entrato nella sera della vita di don Pierluigi, lo ha incontrato e gli ha donato il suo saluto abituale “Pace a te”. Poi gli ha mostrato le sue mani e il suo costato, le piaghe delle sue mani e la ferita del suo costato, quasi per dire: “Abbiamo sofferto, abbiamo sofferto insieme ma adesso è il momento nel quale dobbiamo gioire, dobbiamo gioire insieme”. Davvero il segno della nostra vita sta in questa gioia senza tramonto, nella gioia di trovarci nella casa di Dio, cioè nel suo cuore, che è l’oceano infinito della gioia, della gioia senza tramonto che tutti quanti ci aspetta.
Grazie Pierluigi perché la tua fede robusta, il tuo sorriso disarmante, la tua fraternità coinvolgente continueranno ad essere sempre sostegno e alimento del mio ministero e del nostro cammino di chiesa.
Un grande abbraccio fratello mio.