Tra qualche giorno vivremo in Casa della Carità la giornata a porte aperte, Venite e vedrete. È un modo molto semplice per trascorrere alcune ore in ascolto della vita e delle storie di tanti cuori che si aprono alla speranza. Guardando ogni centimetro di questa casa, possiamo dire come tutto parla del meraviglioso incontro tra la sorprendente misericordia di Dio e la miseria dell’uomo. Veramente anche in Casa della Carità le pietre parlano e raccontano ancor oggi il miracolo di un Dio, che attraverso cuori generosi, continua a rendere feconde di speranza e di gioia le periferie esistenziali dell’uomo.
È bello sperimentare come ogni gesto di condivisione e solidarietà che si cerca di vivere nel quotidiano ha la sua sorgente nel cuore di Dio. La compassione e la misericordia infinita con cui il Signore guarda all’umanità alimenta la speranza e ci porta a credere fermamente che la possibilità di un nuovo inizio è offerta sempre e costantemente a ciascuna persona. L’amore di Dio verso l’umanità tutta è straripante e “testardo” perché non si arrende mai.
In questo contesto l’espressione “li amò sino alla fine” fa da cornice non solo al straordinario gesto della lavanda dei piedi, ma a tutta la vita del singolo e della comunità. Amare sino alla fine significa prima di tutto spendersi, donarsi senza misura. È scegliere liberamente di morire perché l’altro abbia la vita e l’abbia in abbondanza. È un amore gratuito che guarisce in profondità, che apre allo stupore e alla meraviglia perché inaspettato e “non guadagnato”. È la traduzione quotidiana della forza della resurrezione. Ed è veramente bello tener presente come dopo la fine ci sia subito l’inizio di una vita nuova. Possiamo così comprendere come la dimensione dell’amore di Dio è l’eternità e noi per grazia siamo chiamati a parteciparvi. Tutto passa, ma ciò che resta per sempre è l’amore. è la carità. Servire carità allora è in modo concreto muovere i primi passi nell’Eterno di Dio, è assaporare la bellezza di vivere da risorti, da uomini e donne nuove.
Se da una parte “li amò sino alla fine” indica questa radicalità ed eternità dell’amore di Dio, dall’altra significa anche che il Signore è fedele fino alla fine, fino al punto più estremo della nostra possibile lontananza da Lui. Dio ama in maniera intensa proprio lì dove siamo estremamente deboli ed incapaci di aprirci alla sua misericordia. Quando sprofondiamo nelle paludi delle bassezze umane e riempiamo di mediocrità ed ambiguità la nostra vita, quando mercanteggiamo la nostra dignità di figli di Dio e abbruttiamo il nostro cuore, quando calpestiamo la dignità del fratello e violiamo la libertà altrui, Dio continua ad amarci, continua ad offrirci la sua salvezza anche quando sembra evidente che siamo arrivati a fine corsa. Dio ci ama anche nelle nostre morti quotidiane e ci invita a sperare nel suo amore, a credere che Lui non è venuto per condannare il mondo, ma per salvarlo.
La sorgente della carità non è allora il nostro buon cuore, che tuttavia è chiamato ad essere strumento scelto dal Signore, ma è il cuore di Dio, è la sua misericordia infinita. Per servire carità è necessario, ogni giorno, attingere da questa sorgente, lasciarci sanare nelle nostre ferite, per amare, rimanendo sempre dei guaritori feriti, con forza e costanza questa nostra umanità. L’amore senza fine dà inizio ad una storia nuova.
Il paradosso dell’esperienza cristiana è Gesù che prima si nasconde e poi si rivela nei volti e nelle storie di vita segnate dal dolore infinito. Ed è verso le persone che vivono queste esperienze che dobbiamo chinare il capo. Proprio in questo mondo spesso chiuso nelle sue speranze tristi, nei linguaggi di chiusura, negli egoismi corporativi, deve farsi largo, deve trovare delle fessure quel respiro e quella vita di carità che è sempre eccedente, che non fa calcoli, non si misura sui risultati, diventa sapiente e saggia perché scruta, incontra, opera anche avvolta nel silenzio. Senza questi volti, queste storie di vita, noi non sapremmo dove poter incontrare quel Gesù che ci sta prendendo per mano. Dobbiamo imparare nuovamente a commuoverci, a portare in noi il mondo intero, a respirare e a sognare. Lo dobbiamo fare perché la fraternità deve diventare sempre più il volto di una Chiesa che si mette in cammino con i poveri, che si fa povera davvero, che si fa a lavare i piedi. Quel lavare ed asciugare i piedi è una consegna di Gesù a ciascuno che è ben sintetizzata in una frase di Madeleine Delbrêl, assistente sociale, mistica e poetessa francese. “Se dovessi scegliere una reliquia della tua passione prenderei proprio quel catino di acqua sporca. Girerei il mondo con quel recipiente e ad ogni piede cingermi dall’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre ai polpacci per non distinguere i nemici dagli amici e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio. Finché tutti abbiano capito nel mio, il Tuo amore”.
La giornata a porte aperte, Venie e Vedrete, doni a ciascuno di restare in ascolto del Signore per lasciare che il suo Santo Spirito gonfi di fiducia la vela della nostra vita e ci doni di diventare, giorno dopo giorno, discepoli secondo il suo cuore, testimoni dell’Amore che salva e rende liberi. Vi aspettiamo ….. le porte sono aperte e soprattutto … il cuore.