L’umanità sta attraversando un momento molto difficile. La deriva verso i lidi agognati del benessere ha comportato lo smarrimento della rotta verso il bene, con la conseguenza che si è acuito sempre più il divario tra ricchi e poveri. E, al di là degli slogan ad effetto, ciò che impressiona di più è che, nella totale indifferenza, si consumano pagine drammatiche di storia che strappano dal cuore dell’umanità il germoglio della vita e della speranza. Credo sia più che mai opportuno levare la nostra voce di credenti per dire basta al compromesso con queste logiche di ingiustizia e di iniquità.
Ogni giorno tv e giornali ci presentano pillole di drammi umanitari di cui non siamo in grado di percepire neanche una sola minima parte. Le guerre assurde (in verità lo sono tutte) come quella in Libia ed in Siria, le atrocità e gli scempi compiuti dai militanti dell’ISIS, il dramma dei profughi, l’apocalisse della miseria e della povertà, la crisi economica che attanaglia il mondo intero hanno un prezzo altissimo: la vita. Non possiamo girarci dall’altra parte, facendo finta di niente e pensando che queste realtà non ci riguardino. È ora di smetterla di recitare il copione, mai abbandonato, di Ponzio Pilato. È il momento di assumerci la responsabilità di quello che siamo: cittadini e cristiani, uomini e donne che sono nel mondo, ma non del mondo.
Credo sia opportuno che dinanzi all’uomo calpestato nella sua dignità, annientato nella sua capacità di sognare un mondo migliore, sofferente per la povertà che lo attanaglia impariamo a fare nostra la logica del Buon Samaritano. Ognuno ha sempre tante cose da fare e la tentazione di tirare dritto, come il sacerdote e il levita della parabola, è sempre accovacciata alla porta del nostro cuore. Troppo spesso spacchiamo a metà la realtà, vedendo solo bianco e nero, ciò che fa comodo a noi e ciò che non ci aggrada. L’ipocrisia si è annidata del nostro cuore e stiamo davanti all’umanità sofferente con la colpevole indifferenza di chi si è auto convinto che è solo un brutto incubo da cui risvegliarsi presto. E d’altra parte non possiamo neanche imprigionare la solidarietà in un ideologia, privando la logica del dono di tutta la sua carica profetica e spirituale. La solidarietà chiede testa e cuore, ma è necessario che non ci impantaniamo nei meandri delle progettualità senza fine. Non possiamo fermarci solamente a rivendicare le mancate competenze e la scarsa responsabilità dinanzi ai vari volti della povertà, ma è necessario sporcarsi le mani, perché il prezzo più alto lo pagano sempre i poveri. Non si possono fare battaglie politiche, ideologiche, valoriali sulla pelle della gente. Un giorno Gesù ci chiederà se quando aveva fame, era malato o era forestiero, gli abbiamo dato da mangiare, lo abbiamo visitato ed accolto. Non ci chiederà se abbiamo fatto un bel progetto o abbiamo costruito una bella rete territoriale in cui ciascuno fa la sua parte. Ciò non significa che ci si deve buttare a pesce nei bisogni, né cadere nella presunzione onnipotente di salvare tutti. Si tratta però di non anteporre il nostro modo di pensare e progettare alla dignità e al valore di ogni singolo uomo.
I fermenti di vita nuova, sparsi ad ogni latitudine e longitudine del globo, che stanno infiammando di speranza il cuore di molti uomini e donne ci invitano a fare un salto nell’assunzione di responsabilità e nella promozione della solidarietà. Il futuro dell’umanità e la soluzione dei problemi attuali dipende molto anche dalle scelte personali di ciascuno, dal modo con cui ciascuno si impegna ad essere uomo. Assumersi la responsabilità di custodire e promuovere la vita, significa vivere ogni istante della propria esistenza nella carità e nella verità. La solidarietà infine non è una tassa da pagare, ma un dovere da vivere. Dentro una cultura individualista, basata sulla soddisfazione dei desideri del proprio ombelico, siamo chiamati a stingere la mano di chi ci sta accanto, riconoscendolo come fratello unico che ci è stato donato ed affidato. La solidarietà è la strada maestra per ridurre il divario e la lontananza tra gli uomini. È un dovere a cui non ci possiamo sottrarre e da cui dipende il futuro dell’umanità.