«forse l’accostamento logo Caritas – Porsche non è facilmente digeribile a livello canonico e per certe ideologie, ma ripropone in modo forte la contraddizione di un Vangelo che soverchia i nostri schemi.»
In questo tempo di pandemia abbiamo potuto sperimentare la fatica della mancanza di relazione, di calore umano. I social ci hanno aiutato a mantenere vivi i contatti con gli altri, ma il sapore ed il profumo della relazione è altra cosa. Contemporaneamente alle fatiche però si è innescata una catena di solidarietà e di prossimità che riscalda il cuore, che ha riportato (almeno per ora) la cifra dell’umano dentro l’ordinario di tutti i giorni. Con mano ho potuto sperimentare la generosità di molti che si è espressa in svariate forme: dal dare del tempo come volontari alla donazione di una borsa spesa, dall’offerta economica al sostegno nella preghiera. La pandemia ci ha svelato che dentro e dietro alla nostra frenesia c’è un sottobosco bello, sorprendente, buono da scoprire e custodire con delicatezza.
Dentro questo flusso di generosità ci sono anche le donazioni fatte da grandi marchi aziendali che nelle loro politiche economiche non sempre hanno brillato per correttezza ed eticità. Con le loro modalità hanno voluto esprimere una forma di vicinanza e di prossimità. Mi ha colpito molto la polemica innescata circa l’abbinamento tra Porsche e Caritas Italiana relativa ad una percentuale sulla vendita delle auto di lusso. A prima vista sembra un accostamento che stride e che maschera delle incoerenze. Lusso e poveri come possono camminare insieme? Ho letto con attenzione l’articolo del saggista Tomaso Montanari. La sua analisi mette giustamente in risalto come alcuni colossi economici muovano i loro passi non tenendo in considerazione criteri di eticità e di attenzione alla dignità umana. È necessario levare la voce per contribuire ad un mondo migliore, ma non possiamo mai dimenticarci che noi, per primi, siamo chiamati ad essere il cambiamento che vogliamo. Dinanzi alle riflessioni di queste persone di cultura, io non sono nessuno, sono un semplice uomo, un prete limitato che svolge il suo servizio come direttore di una caritas diocesana. Entro in punta di piedi, confessando, prima di tutto, la mia pochezza, ma desidero dire con chiarezza che il Vangelo quando diventa ideologia è un macigno che schiaccia e non libera. È proprio il contrario della Buona Notizia che è Gesù. Sono convinto che le logiche di iniquità, spreco ed ingiustizia che contrassegnano la nostra società chiedano una seria e radicale inversione di marcia. E questo a partire dallo stile con cui ciascuno di noi vive, con cui io personalmente vivo. Non so se la Porsche, la Volkswagen, Amazon o altri stanno facendo un’operazione di social washing (lavarsi la coscienza). Sono convinto però che più che gridare allo scandalo dovremmo riandare al Vangelo, a Gesù. Lui non si è mai vergognato di cenare con pubblicani e peccatori, di accogliere prostitute e bestemmiatori. Non ha mai avuto paura di associare la sua croce, la sua dignità di Figlio di Dio all’umanità ferita che è presente nei poveri e anche nei ricchi. Non sono capace di tagliare la realtà così di netto. Mi chiedo sempre cosa posso fare io, quale cambiamento posso realizzare nel mio piccolo. Non giustifico l’iniquità e l’ingiustizia di nessuno (neanche la mia), non giudico le intenzioni di alcuno, ma non mi vergogno di camminare insieme ai poveri e ai ricchi, insieme all’uomo che prima di tutto non è né ricco né povero … è uomo. Sono affascinato dall’idea che dove non penso sia possibile, nei meandri più nascosti dell’animo umano, nelle più oscure logiche dell’economia e della finanza, possa germogliare un piccolissimo frammento di Vangelo. Sono certo che lo Spirito Santo lo può fare. Allora forse l’accostamento logo Caritas – Porsche non è facilmente digeribile a livello canonico e per certe ideologie, ma ripropone in modo forte la contraddizione di un Vangelo che soverchia i nostri schemi. Non penso che Dio Padre di misericordia si scandalizzi se la croce della caritas su una campagna pubblicitaria è posta vicino al marchio della Porsche, ma che, anche attraverso queste vie umane, lui cerchi di realizzare il miracolo della vita nuova. Ad ognuno è offerta sempre una nuova possibilità, anche ai ricchi, anche alla Porsche. Non dobbiamo mai stancarci di provarci, di annunciare … anche la goccia d’acqua lavora la dura roccia. Una via di vita nuova è sempre possibile. Se tutto invece si blocca ad un giudizio perentorio ed insindacabile, non ci sarebbe stata possibilità per Levi, per Zaccheo, per San Paolo, per gli apostoli … per ciascuno di noi. Il Vangelo lo si legge con il cuore, non con la forbice in mano e il lusso più pericoloso da cui dobbiamo liberarci non è la ricchezza, ma la presunzione di sentirci a posto, la superbia di pensare che possiamo essere solo se alimentiamo il nostro avere e il nostro potere. Questo vale per ogni uomo, ricco o povero che sia. Se anche attraverso questo accostamento inusuale tra Croce e Porsche, anche solo una persona scoprisse la bellezza del Vangelo… allora ne è valsa veramente la pena, molto di più dell’elemosina raccolta. Gesù non chiude mai la porta in faccia a nessuno, non facciamolo noi a suo nome.